AEW: All Elite Women o ancora no?

La divisione femminile in AEW è da sempre una gemma nascosta, così tanto nascosta che spesso nemmeno la si vede.

Dalla sua fondazione di fatti, ormai 5 anni fa, le donne hanno sempre trovato poco spazio tra le corde, complice inizialmente l’aver assunto nomi piccoli e un team di booking (per il reparto femminile) poco avezzo all’argomento. Qualcosa si è mosso quando, alla corte di Tony Khan, è arrivato il nome femminile più caldo degli USA: Mercedes Moné, la fu Sasha Banks, che ha generato un boost di visualizzazioni non indifferente ed ha spinto, oltre alla numerosissima fetta LGBTQIA+, anche la fetta di fan delle “Quote Rosa”.

Attualmente la Women’s Division può vantare, oltre alla già citata Moné (campionessa TBS e NJPW STRONG), nomi del calibro di Kris Statlander, Britt Baker, Serena Deeb, Marina Shafir, oltre che tutte le joshi che vogliono viaggiare dalla STARDOM fino a Jacksonville. Ricordiamo appunto Mina Shirakawa, Momo Kohgo, Momo Watanabe (seppur in un evento NJPW STRONG) e, nel match tutto targato STARDOM in ROH (brand di proprietà sempre di Tony Khan) abbiamo avuto Maika, Tam Nakano, Saya Kamitani e AZM.

Il problema quindi non è nei numeri o nel talento, dato che molte donne nel roster AEW sono migliori di molti colleghi del sesso opposto, ma nella gestione, visto e considerato che oggi, nel 2024 e a 5 anni dalla prima puntata di Dynamite, la divisione femminile, seppur in fase positiva, soffre ancora di essere considerata meno.

Colpa di una gestione pro-maschio? Colpa dei fan? Colpa di investimenti sbagliati? Credo che la risposta sia nel mezzo:

La AEW, da quando è nata, ha sempre voluto essere uno spartiacque nella scena americana, dando spazio a persone ed atleti spesso bistrattati dalla WWE come Nyla Rose, Anthony Bowens, Toni Storm, Sonny Kiss e, nel recente passato, i divertentissimi MXM; la federazione di Jacksonville ha voluto, nel suo piccolo anche attrarre gamers, retrogamers, persone impegnate nel sociale e diversi attivisti social justice. Salvo qualche scivolone, vedi Gypsy Rose Blanchard, ha sempre avuto un fare inclusivo, quindi a monte escluderei il maschilismo, così come va escluso il gusto dei fan, sempre entusiasti per la scena femminile, imputando dunque la colpa agli investimenti sbagliati dei titolari della All Elite, che hanno piazzato uomini e donne poco competenti laddove bisognava investire più attivamente.

Confido in un futuro più roseo e decisamente più rosa per la federazione che, per prima, ha fatto capire ai fan americani e nel mondo che non esiste un monopolio nel wrestling.

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Donne Tra le Corde non detiene nessun diritto su i marchi, immagini e loghi riferiti alla All Elite Wrestling o Ring Of Honor, o altre fonti citate in questo articolo. Credits al fotografo che ha scatto la foto di copertina. L’articolo è stato scritto e curato da Felice “Kat” Vicidomini, scrittore di Donne Tra Le Corde. Editing e revisione di Rachele Gagliardi, fondatrice di Donne Tra Le Corde.

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