Partiamo da un semplice ma fondamentale punto: “Non ridiamo per le stesse cose”. Il che non vuol dire che una cosa non faccia ridere a prescindere: semplicemente non colpisce il nostro senso dell’umorismo.
C’è chi adora i cinepanettoni (e chi siamo noi per giudicarli?) e chi non muove un muscolo della propria bocca neppure di fronte a capolavori immortali della comicità. Altro esempio di vita vissuta: io adoro la comicità di Massimo Troisi; mettetemi di fronte agli sketch de “La Smorfia” (il trio formato da Troisi, Lello Arena e Enzo Decaro) o a “Non ci resta che piangere” e mi vedrete ridere come se non ci fosse un domani. Fate la stessa cosa con mio padre e probabilmente avrete lo stesso effetto di Alex DeLarge con la Cura Ludovico in “Arancia Meccanica”.
Come recita il vecchio adagio: “È molto più facile commuoversi, piangere o provare sentimenti come la tristezza, la malinconia rispetto al ridere di un qualcosa che vediamo”. Spesso far ridere corrisponde ad una vera e propria impresa. Infatti detesto profondamente quei commenti social sotto i video di comici o stand up comedian in cui viene puntualmente detto: “Non fai ridere”. No, errore: manca una particella fondamentale. Quel “mi” che cambia tutto. “Non mi fai ridere”: ecco, questo ha senso. “Non fai ridere” è un concetto troppo universale per racchiudere la comicità e il senso dell’umorismo. Per la legge dei grandi numeri esisterà almeno una persona al mondo che riderà di fronte ad uno sketch, ad una battuta…
Altro adagio che spesso si sente: “Le donne fanno meno ridere rispetto agli uomini”. Anche qui, ci sarebbe da discutere: siamo il Paese che ha dato i natali ad una straordinaria attrice comica (e non solo!) come Anna Marchesini. Basterebbe lei per smentire il tutto. In proporzione è vero che le donne occupano meno ruoli comici rispetto agli uomini, ma che facciano meno ridere è decisamente opinabile. Hanno statisticamente meno possibilità di far ridere, ma spesso riescono nel loro intento. Restando sempre nel nostro Stivale, abbiamo avuto donne del calibro di Franca Valeri e adesso possiamo godere della bravura comica di Paola Cortellesi o di Emanuela Fanelli. Infine per ricollegarci con la riflessione precedente, c’è chi aggiungerebbe anche Geppi Cucciari, che nell’ultimo periodo è decisamente sulla cresta dell’onda. Ma, a me Geppi non ha mai fatto ridere, neanche per sbaglio. Entrambi i due insiemi, quindi, possono funzionare al tempo stesso.
Arriviamo dunque al nostro caro pro wrestling per osservare un fenomeno interessante legato ad un argomento spesso divisivo come il comedy. Ovviamente lo osserviamo nell’ottica femminile ed esclusivamente a livello WWE (per ora. Non escludo che in futuro rifletterò su questo argomento anche in merito ad altre federazioni e atlete).
Salta subito all’occhio una cosa: nell’era di Vince siamo stati abituati a vedere la donna come oggetto di comedy e non come soggetto diretto. Di fatto eravamo al livello di quei film degli Anni ’70/’80 in cui la sventola di turno si faceva la doccia tutta insaponata col classico sassofono in sottofondo e l’Alvaro Vitali della situazione spiava dal buco della serratura. Il comedy femminile targato Vince era quasi interamente pruriginoso, contando unicamente sul fatto che la sessualizzazione eccessiva avrebbe dovuto spingere lo spettatore a ridere. Il che mi ricorda i cari vecchi tempi quando da bambino scoprivi le parolacce e ridevi perché avevi scoperto il senso del proibito. Con Vince non esisteva neanche il senso del proibito perché era tutto sbattuto in primo piano e quello che non si poteva e doveva vedere era svelato in prima serata.
Sono rarissimi i casi di un comedy femminile non indirizzato alla sfera hot: potrei giusto pensare a Chyna nel periodo della Mamacita (anche se in quel caso il vero perno comedy era Eddie e Chyna era la spalla perfetta, e attenzione il ruolo della spalla non è assolutamente da disprezzare) o a Molly Holly come Mighty Molly e Stacy Keibler come Super Stacy, ma pensare al comedy femminile targato Vince McMahon fa subito pensare ai trailer di Boldi e De Sica con “I’m a scatman” sparato a palla. È un comedy invecchiato malissimo e non solo per tutti i recenti scandali che hanno travolto Vince McMahon, ma anche perché fortemente anacronistico e sessista con alcuni picchi che sarebbe meglio dimenticare in fretta come: THE LESBIAAAANSSSSS! (e annesso “Yuhuuuuu!” di Jerry Lawler al commento).
La comicità ha il dovere di leggere il proprio tempo e di capire su cosa si possa scherzare o meno. O meglio capire con quali toni poter scherzare.
Ecco dunque che col cambio dirigenziale si assiste ad un’inversione di rotta e subentra una formula vincente: la minuziosa cura del personaggio. Di conseguenza il lavoro sul comedy diventa più teatrale e più studiato. Esiste sempre un senso dell’umorismo discutibile sotto certi aspetti: è palese che Shawn Michaels e Triple H non ridano delle stesse cose, pur essendo grandissimi amici. Shawn è indubbiamente più guascone, più improntato su una comicità diretta che sulla sottigliezza raffinata. Di contro Triple H indirizza il tutto su una sorta di metawrestling più ragionato. Scanzonato – perché il comedy DEVE essere scanzonato – ma comunque più “concettuale”. Tuttavia per realizzare dell’ottimo comedy è sempre utile avere le risorse umane giuste. E qui entrano in gioco i simboli del comedy femminile WWE attuale: Chelsea Green e Arianna Grace.
Ragionando attentamente, possiamo vedere come i due personaggi portati on screen dalle due ragazze siano due oche giulive. I personaggi eh, non le ragazze. È importantissimo fare questa distinzione. I loro personaggi non brillano certo per raziocinio o quoziente intellettivo. E quindi dovremo chiederci se siamo tornati indietro di vent’anni con la rappresentazione di una donna stupida o che pensa esclusivamente alla propria immagine. La risposta è categorica: NO! Anzi, sono personaggi che funzionano proprio perché le due interpreti curano nei minimi dettagli la loro “stupidità” e il loro prendere in giro gli stereotipi che incarnano, riuscendo nell’impresa di ribaltare tutti questi canoni. Grazie alle loro interpretazioni così convincenti, nello spettatore si crea un duplice effetto, all’apparenza contraddittorio ma importantissimo per i personaggi comedy. Innanzitutto si crea l’effetto della risata, ossia la riflessione del “Io non sono come lei” e quindi sono autorizzato a ridere dell’idiozia del character, sia che si tratti della reginetta di bellezza che vuole la pace nel mondo sia che si tratti della diva da copertina che se la tira dal primo istante e fa richieste assurde ad Adam Pearce. Ma subito dopo emerge l’empatia per il personaggio: Chelsea e Arianna sono palesemente due pesci fuor d’acqua nel mondo del wrestling, fatto di Uomini e Donne Alpha. Non avrebbero la benché minima chance di sopravvivere in un contesto simile e quindi tu spettatore vuoi assistere al loro trionfo. Vuoi vedere come riusciranno ad averla vinta prima o poi.
Chelsea e Arianna rappresentano due canoni che nella vita di tutti i giorni vincono sempre: la bellona da copertina, vamp e diva e quella che non ha mai fatto nulla nella vita ma che improvvisamente si ritrova al centro del mondo per aver vinto un concorso di bellezza. Sono personaggi vincenti nella società di oggi. Ma nel wrestling tutto si ribalta e quindi questi personaggi diventano automaticamente underdogs, perdenti in partenza. Maggiore è la cura che Chelsea e Arianna mettono nella costruzione del loro personaggio, maggiore è la voglia dello spettatore di vederle on screen per vedere che cosa combineranno.
E i risultati arrivano: Chelsea e Arianna non sono due personaggi piatti, ma sono in costante evoluzione. Raccontano una loro storia, ovviamente nelle corde del comedy, ma da non sottovalutare. Siamo arrivati a Money In The Bank con Chelsea seria candidata alla vittoria proprio per la costruzione precisa che ha avuto il suo character: comica, ma al tempo stesso determinata a ritagliarsi un posto di tutto rispetto nel roster WWE. E siamo arrivati a sperare che Arianna Grace ottenga una vittoria ad NXT proprio perché nelle storie del locker room è quella che si ficca sempre nei casini per il suo essere così deliziosamente fuori dal contesto.
Chelsea e Arianna incarnano al meglio l’aspetto teatrale del pro wrestling: il wrestling è molto più vicino al teatro di quello che pensiamo; ovviamente con stili e canoni diversi, ma entrambi vivono del “qui e ora” a stretto contatto col pubblico senza ciak per cambiare la scena. Diventa ancora più importante lavorare su un personaggio comedy che funzioni per il suo spessore anziché per la risata fine a sé stessa. Qual è l’obiettivo di quel personaggio? Perché quel personaggio ha senso nel mondo del wrestling? Queste sono le domande che devono porsi i booker, ma poi la palla passa nelle mani dell’interprete che deve dare vita a tutto questo e sia Chelsea che Arianna colgono ogni singola sfumatura della “superficialità” dei loro personaggi. Ovviamente è difficile che un personaggio comedy ambisca al titolo del mondo, ma ciò non vuol dire che non si possano scrivere storie interessanti attorno a quel determinato character.
Infine a Chelsea e Arianna vanno riconosciuti altri due meriti essenziali: credere fermamente nella loro gimmick e non prendersi mai sul serio. Sono armi vincenti per un personaggio comedy d’impatto perché lo spettatore, quando le vede entrare in scena, sa che potrebbe succedere qualcosa di buffo e di imprevedibile, ma al tempo stesso deve credere al 100% a tutto quello che accadrà, ridendone certo ma senza mai abbandonare la convinzione di guardare uno show di wrestling e non le comiche di Mr. Bean (altro esempio di comicità che io adoro, ma che non può piacere a tutti). Chelsea e Arianna sono spontanee nel loro essere divertentissime e non appaiono mai forzate proprio perché vivono la gimmick: sanno che il loro compito è diverso rispetto alle star di primo piano (ironico, visto che interpretano due personaggi che credono di essere sempre “in primo piano”) e anche loro potranno togliersi le giuste soddisfazioni tra i pop e le risate del pubblico, ma sanno che il loro primo obiettivo non è essere credibili sul ring da un punto di vista atletico (anche se Chelsea è sicuramente un’atleta interessante; Arianna si sta facendo le ossa con qualche difficoltà, ma ci sta provando), ma piuttosto essere credibili nell’interpretazione dei momenti comedy dentro e fuori dal ring. Il loro primo obiettivo è quello di essere dei personaggi contemporanei, freschi, con qualcosa di nuovo da proporre a favore di telecamera. E sotto certi aspetti è un compito molto più arduo perché la comicità diventa stantia molto più in fretta di un buon atletismo sul ring.
Donne Tra Le Corde non detiene nessun diritto su i marchi, immagini e loghi riferiti a Arianna Grace, Chelsea Green e la WWE in questo articolo. Non detiene nessun diritto su i marchi, immagini e loghi riferiti alle lottatrici citate in questo articolo e da i credits a tutti i fotografi e grafici che hanno lavorato alle foto in questo articolo. L’articolo è stato scritto e curato da Emanuele “Cuky” Cucurnia scrittore di Donne Tra Le Corde. Editing e revisione di Rachele Gagliardi.