Ben ritrovati cari lettori del blog, rieccoci con il nostro consueto appuntamento mensile con la rubrica Joshi Sakè. Sono la vostra Komorebi e per l’articolo del mese di settembre ho pensato di parlarvi di un tema che negli ultimi anni è tornato molto di moda: le collaborazioni tra federazioni. Più precisamente andrò ad analizzare i pro ed i contro che una collaborazione tra promotion porta con sé.
Una storica collaborazione
Proprio nell’ultimo anno sui ring della Stardom si sono presentate diverse lottatrici provenienti da altre promotion, soprattutto negli eventi intitolati New Blood che hanno visto apparire personaggi come: Mei Suruga della Gatoh Move, Ram Kiachow, Suzu Susuki, Risa Sera e Rina Yamashita note soprattutto per i loro trascorsi in Ice Ribbon e Pro – Wrestling Wave, Tomoka Inaba della Just Tap Out ecc., tutte impegnate in rivalità con le lottatrici di casa. Anche la Tokyo Joshi Pro Wrestling (TJPW) nell’ultimo anno ha spesso collaborato con la Pro – Wrestling: EVE (o semplicemente EVE), nota federazione britannica di wrestling femminile. Hikari Noa ha infatti partecipato al loro ultimo show a fine agosto.
Spostandoci però dal Giappone agli Stati Uniti, è senza dubbio la All Elite Wrestling (AEW) la federazione più attiva in questo senso. Infatti, nei suoi ormai quasi quattro anni di vita, la federazione di Tony Khan ha collaborato con diverse realtà non solo americane. Tra le più note si ricordano certamente le collaborazioni con IMPACT Wrestling e quella con la NJPW, quest’ultima culminata addirittura con l’organizzazione di Forbidden Door, PPV andato in scena lo scorso giugno, nella cui card i fan hanno potuto assistere a dei veri e propri dream match, come ad esempio Jon Moxely contro l’Ace della New Japan Hiroshi Tanahashi o il Fatal 4-Way che ha visto scontrarsi Adam Cole, Hangman Adam Page e le stelle della NJPW Jay White e Kazuchika Okada. Purtroppo all’evento non hanno potuto prendere parte le ragazze della Stardom, sia per motivi lavorativi (perché la maggior parte di loro era già bookata per alcuni show della Stardom) che per motivi legali (molte di loro non disponevano di un visto, permesso necessario per poter soggiornare negli Stati Uniti per svariati motivi tra i quali anche quelli di lavoro). Tuttavia, il proprietario della All Elite Wrestling Tony Khan ha rassicurato i fan promettendo una collaborazione con la Stardom in un futuro non troppo prossimo. Del resto Tony ha già in passato dimostrato di essere interessato a lavorare con le Joshi. A dimostrarlo c’è la partecipazione di alcune lottatrici giapponesi al torneo per il titolo femminile della AEW organizzato due anni fa dalla federazione, ma anche la difesa titolata che ha visto la campionessa Thunder Rosa affrontare la stella della TJPW Miyu Yamashita, o ancora Hikaru Shida che ha già difeso il suo titolo di Regina di Wave (titolo appartenente alla Pro – Wrestling Wave) in uno show della AEW sconfiggendo Emi Sakura.
Tutta questa premessa ci porta a parlare però di una collaborazione senza precedenti e che per questo motivo farà la storia, ovvero quella tra la Stardom e la NJPW. Prima di tutto, per chi non lo sapesse, nel 2019 la Stardom è stata acquisita dalla Bushiroad Inc., compagnia che produce carte da gioco collezionabili e già proprietaria della NJPW, dopo l’acquisizione avvenuta nel 2012. Tuttavia, vale la pena di chiarire che la Stardom è considerata da Bushiroad come la Sister Promotion della NJPW e non il roster femminile della NJPW come molti sarebbero portati a pensare. Da questo ne consegue che dal 2019 ad oggi le due federazioni, pur avendo lo stesso proprietario, hanno continuato ad organizzare i propri show in maniera indipendente, salvo sporadiche partecipazioni in match di esibizione delle lottatrici della Stardom ad alcuni eventi della NJPW. Tuttavia, lo scorso giugno in una conferenza stampa organizzata in occasione del quindicesimo anniversario di Bushiroad, è stato annunciato che il 20 novembre di quest’anno si terrà un evento organizzato in collaborazione tra le due compagnie. L’evento si chiamerà Historic X – Over ed offrirà, non solo alcuni match di coppia misti che vedranno alcuni lottatori della NJPW fare squadra con alcune lottatrici della Stardom, ma ci sarà anche la coronazione della prima campionessa femminile IWGP, nuovo titolo istituito dalla New Japan. Già il nome dell’evento dovrebbe suggerire che c’è qualcosa di storico che sta per accadere. Infatti, per la prima volta nella sua storia, la NJPW disporrà di un titolo femminile. Secondo quanto annunciato dalle due federazioni in un’atra conferenza stampa tenutasi a fine luglio per presentare il design della nuova cintura, l’IWGP Women’s Championship sarà un titolo esclusivo della NJPW sebbene potrà essere difeso non solo nei suoi eventi, ma anche in quelli speciali organizzati dalla Stardom o negli eventi della NJPW organizzati al di fuori del Giappone. Ovviamente per gli eventi fuori dal Giappone la NJPW ha già in mente di provare a collaborare con le major americane e probabilmente c’è già qualche accordo sottobanco che vede coinvolta la All Elite, il che giustificherebbe anche la “promessa” di Tony Khan di portare le ragazze della Stardom sui ring della AEW.
L’entusiasmo è ovviamente alle stelle, ma una domanda sorge spontanea: collaborare è sempre una buona mossa? Se ci dovessimo affidare alla storia, quello che potrebbe sembrare un successo da ogni lato lo si guardi, nasconde invece numerosi rischi e purtroppo un famoso precedente ci insegna che tra il successo ed il fiasco il passo è molto spesso piuttosto breve.
Un passato poco confortante
Infatti, se guardiamo al passato, precisamente alla fine degli anni ’90 quando la World Championship Wrestling (WCW) collaborò con la GAEA Japan, c’è ben poco da entusiasmarsi per una collaborazione oltreoceano.
Certo gran parte delle colpe di quel fallimento andrebbero attribuite soprattutto alla WCW, perché i problemi della divisione femminile della compagnia furono soprattutto di gestione. In primis, veniva dato poco spazio ai match femminili che erano spesso dirottati negli show secondari della federazione. Inoltre, non c’era volontà di rafforzare una divisione piuttosto zoppicante e ci si arrese alle prime difficoltà con la conseguenza che pure il pubblico cominciò a disinteressarsi ai match femminili che restavano fini a loro stessi, perché non sfociavano in nulla di concreto e si traducevano spesso in semplici match di esibizione che servivano solo a riempire le card degli show.
Certo, come ha giustamente detto Eric Bischoff in un’intervista del 2019, le colpe della WCW sono da ricercarsi per lo più nell’aver mollato alle prime difficoltà. Magari un’attenuante a queste colpe la si può trovare nel fatto che alla fine degli anni ’90 il numero delle lottatrici di livello negli Stati Uniti era molto basso se paragonato a quello di oggi, perché c’erano davvero poche lottatrici da scovare nei circuiti indipendenti rispetto ai colleghi uomini, non c’era nessun Performance Center e purtroppo c’era anche poco interesse riguardo al wrestling femminile in generale. Ecco perché si pensò di collaborare con la GAEA Japan che disponeva di un roster molto competitivo e dal livello piuttosto elevato. Un’ottima intuizione per fortificare la divisione ed accrescere la qualità dei match, ma la WCW non aveva considerato che per quanto le ragazze giapponesi fossero molto preparate sul piano del lottato, trapiantarle nel contesto televisivo americano e farle adeguare ad esso non era un’operazione da fare dall’oggi al domani, ma rappresentava anzi un ostacolo bello grosso da affrontare con molto impegno e diverse precauzioni. In più, la WCW si impegnò davvero poco nel valorizzare le lottatrici. Ed infatti, alla fine di quella collaborazione è rimasto solo l’amaro ricordo di due tornei per assegnare i due titoli femminili creati dalla WCW, entrambi ricordati più per la loro triste storia che per altri motivi.
Eppure quando nel dicembre del 1995 Alundra Blayze approdò in WCW con il nome storico di Madusa (con il quale aveva lottato anche nei ring del Giappone) e diede vita al famosissimo e molto controverso segmento della cintura WWF gettata con disprezzo nella spazzatura; era lecito auspicarsi la nascita di una divisione femminile costruita intorno a lei e che avrebbe demolito quella dei rivali dell’allora WWF. Le rivalità di Madusa con Sherri Martel prima e quella con la storica rivale Bull Nakano poi, avevano creato discreto interesse attorno al wrestling femminile targato WCW e nel giro di un anno si sentì l’esigenza di costruire una divisione ben consolidata con tanto di creazione di un titolo esclusivo ad essa dedicato, il WCW Women’s Championship. Purtroppo però è proprio da lì in poi che le cose iniziarono ad andare storte.
Siamo nel novembre del 1996 quando la WCW decise di organizzare un torneo composto da otto lottatrici per l’assegnazione del nuovo titolo. Partì quindi la collaborazione con la GAEA e diverse lottatrici giapponesi presero parte al torneo. Sulla carta la qualità del torneo apparve da subito altissima. Oltre alle americane Madusa (che però è nata in Italia) e Malia Hosaka (ex campionessa femminile NWA), presero parte al torneo anche alcune tra le migliori lottatrici di cui disponeva la GAEA: KAORU, Akira Hokuto, la fondatrice della GAEA stessa Chigusa Nagayo (che all’epoca utilizzava il ringname di Zero), Sonoko Kato ed una giovanissima Meiko Satomura (pensate che aveva appena 17 anni quando ha debuttato a WCW Monday Night Nitro). Sì, avete contato bene, ho elencato solo sette lottatrici, perché l’ottava è già presente nell’elenco che vi ho fornito in quanto Akira Hokuto ha combattuto due match nel primo turno con due gimmick differenti. Nelle vesti di Akira Hokuto raggiunse la finale del torneo, mentre con la gimmick di Reina Jabuki venne sconfitta proprio nel primo turno da Madusa. La finale del torneo si tenne nel 1996, durante WCW Starrcade e a vincere la cintura fu “The Dangerous Queen” Akira Hokuto che sconfisse Madusa. Akira, oltre ad avere un talento indiscutibile, era l’Ace della GAEA e agli addetti ai lavori della WCW sembrò la candidata perfetta alla quale affidare il primo regno di campionessa. Tuttavia, nonostante le numerose difese nei cinque mesi e mezzo di regno, quella di Akira fu una run titolata parecchio anonima e certamente non per suoi demeriti. Infatti, il dito è da puntare contro la scellerata gestione della divisione femminile da parte della WCW. Uno dei primi problemi fu l’assenza quasi totale di storie. Basti pensare che le difese di Akira furono un susseguirsi di match titolati messi in fila dall’oggi al domani senza essere accompagnati dal sostegno di nessuna rivalità che servisse ad accrescere l’attenzione intorno al titolo. L’unica difesa titolata su cui si riuscì ad inserire un minimo di narrazione fu quella contro Madusa, ma anche lì si trattò di riciclare un feud che aveva grosso modo funzionato (e questo la dice lunga su quanta volontà ci fosse nell’inventarsi qualcosa di nuovo che valorizzasse la divisione). Come se non bastasse, i match femminili in WCW trovavano davvero pochissimo spazio ed esposizione. Basti pensare che delle tante difese titolate del regno della Hokuto, pochissime superarono i cinque minuti totali di match.
Infine, un’altra mazzata definitiva alla divisione femminile coincide stranamente con quello che è considerato il miglior match del regno della Hokuto in WCW: il match svoltosi in occasione di The Great American Bash del 1997, quando Madusa mise in palio la carriera contro la cintura di Akira. La vittoria della Hokuto ed il conseguente ritiro di Madusa fu il colpo di grazia alla già barcollante divisione femminile che si vide privata di una delle sue migliori lottatrici, lasciando la sola Akira a vagare in una divisione mediocre e ridotta all’osso, in quanto fu costretta a contare sempre meno sulle ragazze della GAEA che, seppur brave, non potevano fare miracoli se dovevano lottare in match lampo e con personaggi poco approfonditi che non riuscivano ad entrare tra le grazie del pubblico. Il tutto portò ad un costante disinteresse da parte dei fan ed i match femminili trovarono sempre meno spazio a WCW Nitro, venendo dirottati negli show secondari della federazione. Akira intanto se ne tornò in Giappone con il titolo alla vita e da quel momento in poi non mise più piede su un ring della WCW. Il suo, tenuto conto delle sue qualità, possiamo considerarlo uno degli sprechi di talento più clamorosi nella storia di questa disciplina.
Dopo mesi di inutilizzo, la WCW decise di rendere vacante il titolo femminile che riemerse per un breve periodo come titolo secondario in GAEA, quando Devil Masami lo vinse sconfiggendo Zero in un Winner Take All Match, portandosi a casa anche l’AAAW Single Championship. Nel gennaio del 1998, dopo non essere stato mai difeso dalla Masami, venne disattivato per sempre. Questa è la triste storia del titolo femminile della WCW, durato solamente 375 giorni e detenuto da due sole campionesse.
Storia analoga, ma forse pure peggiore, la ebbe anche il WCW Cruiserweight Women’s Championship, titolo introdotto nella primavera del 1997 ed assegnato a seguito di un torneo al quale presero parte nuovamente alcune ragazze della GAEA, tra le quali Sonoko Kato, Meiko Satomura e la new entry Toshie Uematsu. Le tre Joshi raggiunsero le semifinali insieme a Malia Hosaka che fu sconfitta in finale proprio dalla Uematsu, la quale si coronò campionessa inaugurale. Tuttavia, dopo la finale tenutasi a WCW Main Event (show secondario della federazione), del titolo femminile dei pesi leggeri in WCW non se ne fece più menzione. Intanto la Uematsu tornò in Giappone ed il titolo iniziò ad essere difeso in GAEA, passando di mano per due volte, vinto da Yoshiko Tamura prima e da Sugar Sato poi, prima di essere dichiarato defunto nell’Aprile del 1998 (a meno di un anno dalla sua creazione), a seguito della fine della collaborazione tra GAEA e WCW.
Ed è subito dream match
Però l’esperienza negativa tra WCW e GAEA non deve essere un cattivo presagio di sventura, ma quanto più un monito per non ripetere gli errori del passato.
Per quanto riguarda la collaborazione tra Stardom e NJPW, i rischi sembrano minimi. Historic X – Over è un evento che porterà in scena qualcosa senza precedenti nella storia delle due federazioni e per la Stardom, avere più esposizione grazie alla forza mediatica che la NJPW ha in Giappone, non può che essere un fattore positivo. In più, se il titolo IWGP femminile verrà difeso negli show della NJPW, il pubblico più generalista potrà iniziare a conoscere un po’ meglio queste ragazze che si fanno in quattro per intrattenere i fan e scoprire di cosa sono capaci quando salgono su un ring. Dal canto suo, la NJPW potrà mettere su show più variegati, permettendo anche al wrestling femminile di apparire nei palcoscenici che merita.
Certo però, se la Stardom vuole pensare ancora più in grande, sbarcare oltreoceano e collaborare con una delle due major americane è un rischio che deve essere disposta a correre. Come già detto, la AEW nelle vesti di Tony Khan ha già aperto ad una quasi certa collaborazione tra le parti ed ovviamente il sogno di qualche incrocio interessante è subito balenato nella mente di noi fan.
Dato che sognare è gratis, parlandone anche con Rachele [fondatrice del blog ndr.], abbiamo pensato di fare un bel viaggio con la fantasia ed immaginare a che match potremmo assistere se addirittura anche la WWE, solitamente restia alle collaborazioni, si aprisse verso una partnership con le federazioni di Joshi più note del Giappone. Ecco quindi che mi sono permessa di stilare una piccola lista di dream match che mi piacerebbe tanto vedere. Se già la AEW e la TJPW ci hanno regalato alcuni incroci interessanti, trai i quali un bel match per il titolo femminile AEW tra Thunder Rosa e Miyu Yamashita, immaginate un po’ che match interessanti potrebbe offrirci una collaborazione tra All Elite e Stardom o tra quest’ultima e la WWE.
Prima di tutto partirei dalla Ace della federazione, Mayu Iwatani. Il primo pensiero è stato ovviamente un incrocio da sogno: Mayu contro Charlotte Flair. Potrebbe essere l’incontro del secolo, quello che farebbe sognare sia i fan più di nicchia che quelli più generalisti. Una sfida a suon di Moonsault che ci farebbe stare incollati agli schermi. Se invece proiettiamo Mayu in AEW, personalmente credo che sarebbe fantastico vederla condividere il ring con Britt Baker, soprattutto se consideriamo che è anche un sogno della stessa Britt, come da lei stessa dichiarato in un’intervista di un paio di anni fa. Se poi volessimo accontentare i fan che adorano i match più tecnici, direi che un incontro tra Mayu e Serena Deeb sarebbe davvero un match dall’altissimo valore tecnico. In fondo stiamo parlando di due tra le migliori in ring performers in attività, quindi viene da sé che un match simile sarebbe una gioia per gli occhi.
Se Mayu è la Ace, Syuri è la G.O.A.T. e credo che abbiate già capito chi potrebbe essere l’avversaria che ho ipotizzato per lei in WWE. Chi se non la G.OA.T della WWE? Ebbene sì, un match tra Syuri e Becky Lynch me lo guarderei molto volentieri. Ci sarebbe anche Asuka, la loro serie di match in Giappone (tra l’altro bellissima quindi se potete recuperatela) non farebbe di questo match un inedito assoluto. In All Elite credo che l’incrocio migliore visti i loro stili di combattimento e soprattutto i loro trascorsi (hanno vinto i titoli tag team in varie federazioni del Giappone come tag team), sia contro Hikaru Shida, anche perché un loro ipotetico feud avrebbe mille spunti sui quali reggersi. Immaginatevi che match stiff ne verrebbe fuori. Un vero e proprio contest di calci al tritolo.
La lista dei dream match continua con la regina delle rose, Utami Hayashishita. Ebbene, per l’avversaria di Utami in WWE ci sarebbe l’imbarazzo della scelta. Un match che però mi piacerebbe assolutamente vedere sarebbe contro Asuka, una sfida all’ultimo german suplex. In All Elite, direi che l’avversaria perfetta per Utami sarebbe l’attuale campionessa AEW, Thunder Rosa. Un match che accontenterebbe i gusti di molti, perché sarebbe un mix di colpi stiff, tecnica e tanta velocità.
Per la nostra “italiana” Giulia vedrei bene un bel feud a chi è più egocentrica e narcisista, quindi la sua avversaria migliore in WWE credo che sarebbe Bayley. Le immagino già sfidarsi nei promo a suon di “ding dong! Hello!” ed “Arrivederci”.
Un classico che non dovrebbe mancare sarebbe veterana contro giovane stella e da questo punto di vista credo che Saya Kamitani contro Serena Deeb potrebbe essere l’incrocio perfetto per questo tipo di narrazione. Uno scontro tra Jamie Hayter e Thekla sarebbe invece una bella sfida tra gaijin del presente e del passato. La stessa Jamie Hayter la vedrei bene anche contro Konami, così tra calci e ginocchiate assisteremmo ad un match davvero molto stiffoso. Preferite i match veloci ed esplosivi? Allora vi potrebbe piacere se a condividere il ring fossero AZM e Liv Morgan. Mentre se amate i match dove ci si basa di più sulla potenza e la forza fisica, Maika contro Nyla Rose farebbe di sicuro al caso vostro. A proposito di potenza, se poi voleste assistere ad una vera e propria sagra della muscolarità, sogniamo qualcosa di davvero pazzesco e mettiamo sullo stesso ring Bianca Belair, Jade Cargill e Saya IIda in un bel Triple Threat match.
Per non trascurare gli amanti dei match di coppia, un bello scontro tra Tam Nakano e Natsupoi delle Cosmic Angels contro Sasha Banks e Naomi ci regalerebbe sicuramente un incontro molto rapido ed esplosivo. Oppure un bel match tre contro tre tra Momo Watanabe, Starlight Kid e Saki Kashima delle Oedo Tai e le Damage CTRL. Oppure ancora Maika, Himeka e Mai Sakurai delle Donna Del Mondo contro le Baddies della AEW.
Insomma gli incroci possibili sarebbero davvero tanti e per fortuna la fantasia non ha limiti. Peccato che per assistere a molti di questi incontri (soprattutto quelli che coinvolgono le stelle della WWE), l’unico modo sarebbe quello di possedere una Play Station, ma non abbandoniamo la flebile speranza che un giorno possano diventare realtà, soprattutto adesso che Triple H e Stephanie hanno molto più potere in WWE. Tanto come ho già detto prima, sognare è gratis no?
Con questo si conclude il nostro appuntamento con la rubrica Joshi Sakè, spero che l’articolo vi sia piaciuto. Ci rileggiamo ad ottobre con un nuovo articolo. Un saluto dalla vostra Komorebi!
Articolo precedente della rubrica: Joshi Sakè: guardando le stelle
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Donne Tra Le Corde non detiene nessun diritto su i marchi, immagini e loghi riferiti alla Stardom, WWE, AEW, WCW e tutte le altre compagnie citate in questo articolo. Non detiene nessun diritto su i marchi, immagini e loghi riferiti alle lottatrici citate in questo articolo e da i credits a tutti i fotografi e grafici che hanno lavorato alle foto in questo articolo. L’articolo è stato scritto e curato da Aurora Petrucci, blogger di Donne Tra Le Corde. Editing e revisione di Rachele Gagliardi.