Ben ritrovati cari lettori del blog, eccoci con il quinto post della rubrica dedicata al mondo del Joshi, sono la vostra Komorebi ed oggi vorrei parlarvi di come, durante gli anni di massima diffusione ed espansione del wrestling femminile giapponese, la disciplina sia finita sia sul grande schermo che nelle case di molti appassionati di videogames.
Pellicole di Joshi
Tutto inizia tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ’80, momento in cui il Joshi stava attraversando il suo periodo di massimo splendore. Durante questo periodo, la disciplina attira l’interesse del mondo del cinema, vuoi per raccontare il fenomeno di successo che si estendeva a macchia d’olio sia all’interno che al di fuori del Giappone, vuoi per raccontarne i periodi più bui e lo sforzo di alcune pioniere che si facevano in quattro per onorarlo, vuoi semplicemente perché c’erano tante storie sulle protagoniste del ring che non venivano raccontate e restavano segregate nella sfera intima di ognuna di loro.
Proprio alla fine degli ’70, precisamente nel 1977, viene realizzata una pellicola molto interessante intitolata “The Beauty Pair: makka na seishun”. La traduzione di makka na seishun in italiano equivale a gioventù spontanea. Il film parla appunto di talento giovanile. Infatti, racconta ed omaggia l’ascesa di uno dei tag team più celebri della storia del Joshi, appunto le Beauty Pair, team composto da Maki Ueta e Jackie Sato. Saranno proprio le gesta di Maki e Jackie ad ispirare quello che poi diverrà il tag team più conosciuto del Joshi: le Crush Gals. Del resto su Maki e Jackie la AJW ci aveva investito e creduto sin dal primo momento, tanto da far vincere loro le cinture di coppia nel giorno del loro debutto. Il film ha come tema il riscatto personale e mescola una trama fittizia a vicende reali della vita delle due wrestler, come ad esempio quando racconta del passato da giocatrice di basketball di Jackie (per via della sua altezza fuori dal comune) o del bullismo che Maki ha subito durante gli anni di scuola. Il film rende omaggio anche alla popolarità raggiunta da entrambe nel mondo della musica, quando con la loro hit Kakemeguru Seishun (che viene utilizzata anche come colonna sonora del film), raggiungeranno la top 10 nazionale. Questa canzone accompagnerà tutta la carriera delle Beauty Pair, dato che verrà proposta dopo ogni loro match e anche in alcuni revival, sebbene poi la tradizione verrà portata avanti dalla sola Maki, perché la povera Jackie si è spenta a soli 40 anni a causa di un tumore.
Negli anni ’80, precisamente nel 1981, l’interesse verso il Joshi arriva fino ad Hollywood, quando il controverso regista e produttore Robert Aldricht (famoso soprattutto per il celebre film “Quella sporca dozzina”), decide di realizzare il film intitolato “… All the Marbles (California Dolls)” che racconta della carriera da wrestler di due ragazze californiane, Iris e Molly interpretate rispettivamente da Vicky Frederick e Lauren Landon e del loro manager interpretato da Peter Falk, già conosciuto negli USA per aver recitato nella serie del Tenente Colombo. Si tratta di un’altra pellicola di riscatto femminile, all’interno della quale le due protagoniste si reinventano lottatrici di wrestling per sbarcare il lunario dopo essere cadute in disgrazia per aver perso il lavoro. Eppure, quel “ripiego” si trasformerà in passione e permetterà loro di farsi una nuova vita. Il carattere da perfezionista di Aldricht lo spinge a voler rendere quanto più realistiche le scene dei combattimenti di wreslting, tanto da ingaggiare non solo la pioniera del wrestling americano Mildred Burke nel ruolo di coordinatrice delle scene di lottato, ma anche due stelle all’epoca attive nei ring della All Japan Women: Jumbo Hori e Mimi Hagiwara, la “farfallina bianca”, come fu soprannominata dal nostro Tony Fusaro.
Facendo un bel salto nel 2009, non posso non citare una pellicola molto interessante dal titolo “Surî Kaunto (Three Count)” con protagoniste molte wrestler che sono tutt’oggi in attività. Il film racconta le vicende di un club di wrestler che si trova a dover raccogliere fondi per rimanere attivo. Per questo motivo, la proprietaria, la leggendaria Kyoko Inoue e la sua assistente Emi Sakura (che molti avranno visto esibirsi sporadicamente in AEW), si danno da fare per reclutare nuove iscritte. Ai casting per scegliere coloro che avrebbero interpretato le giovani allieve reclutate da Kyoko ed Emi, vengono scelte due giovani aspiranti attrici: Tsukasa Fujimoto e Hikaru Shida. Quest’ultima vestirà i panni dell’allieva prodigio che con i suoi spettacolari combattimenti proverà a salvare le sorti del club. In quell’occasione, la Fujimoto, la Mastumoto e la Shida vengono inviate al dojo della Ice Ribbon (federazione fondata appena tre anni prima proprio da Emi Sakura) per prendere dimestichezza con le tecniche di base del wrestling. Tuttavia, dopo il film la scelta delle tre sarà quella di abbandonare la carriera da attrici e dedicarsi a tempo pieno alla carriera da wrestler, scelta che possiamo dire abbia ampiamente ripagato, soprattutto se consideriamo che Hikaru Shida è oggi sotto contratto con la AEW e detiene il regno più longevo della divisione femminile della federazione di Tony Khan.
Arrivando ai giorni nostri, grazie all’avvento di piattaforme di streaming come Netflix e Amazon Prime, non mancano altre partecipazioni nel mondo della televisione per le protagoniste del Joshi. La più recente è la comparsata delle ragazze della TJPW all’interno della serie tv statunitense S.W.A.T. prodotta dalla celeberrima CBS.
Il Joshi a portata di joystick
Il cinema non è però l’unico ambiente dove il Joshi si estende. Infatti, nel 1986 in Giappone inizia a spopolare Gokuaku Domei Dump Matsumoto, titolo per Sega Master System interamente dedicato a quella che in quegli anni era la heel per eccellenza, la stella della AJW Kaoru “Dump” Matsumoto. Il gioco era in 8 – bit ed offriva la possibilità di giocare soltanto tag team match, niente di più che un modo per omaggiare Dump Matsumoto che era una specialista della stipulazione. La trama principale del gioco si reggeva soprattutto sulla rivalità tra la sua stable (le Gokuaku Domei) e le celebri Crush Gals. Il feud tra le due fazioni aveva incantato i fan di wrestling in Giappone e non solo ed era garanzia di vendite, soprattutto vista l’enorme popolarità raggiunta dalle Crush Gals anche nel panorama musicale. Le vendite superarono anche le più rosee aspettative, tanto da spingere la Sega a progettare un titolo nuovo per l’anno successivo. Tuttavia, il progetto non vide mai la luce in quanto Dump decise di volare negli Stati Uniti per lottare alcuni match nell’allora WWF, salvo poi tornare in Giappone sempre in AJW e dar vita allo show di Joshi più visto della storia quando la Mastumoto decise di ritirarsi in grande stile facendo coppia nel suo match di addio con la rivale di sempre Chigusa Nagayo.
Nel 1990, nacque un altro titolo questa volta per la nuova console Sega Mega Drive: Cutie Suzuki no Ringside Angel. Come si può facilmente intuire dal titolo, esso è interamente dedicato alla ragazza immagine per eccellenza della JPW: Cuty Suzuki. Cuty in quegli anni spopolava come babyface della federazione ed era la controparte perfetta da contrapporre all’asso della federazione Dynamite Kansai, una vera e propria macchina da wrestling, ma decisamente più carente nella connessione con il pubblico rispetto a Cuty, la quale aveva un forte ascendente non solo sul pubblico maschile per via della sua bellezza, ma anche sul pubblico femminile più giovane che la ergeva a modello ed eroina da seguire. La JPW aveva trovato il binomio perfetto: la Kansai incantava con le sue prestazioni sul ring, mentre Cuty vendeva gli eventi e il merchandise riempiendo le tasche della federazione. Il gioco era rivoluzionario per l’epoca perché passava dagli 8 ai 16 – bit e questo permetteva non solo di offrire al giocatore una grafica più accattivante, ma anche di ampliare il moveset delle lottatrici, permettendo di inserire anche mosse di sottomissione. Tuttavia, l’unico personaggio “reale” era proprio Cuty Suzuki, mentre le altre atlete avevano nomi fittizi, nonostante fossero chiaramente riferiti alle altre lottatrici molto note dell’epoca, come ad esempio Bull Nakano e Devil Masami. Il gioco manteneva però un taglio decisamente irrealistico e volutamente scherzoso. Basti pensare che al tavolo di commento è possibile vedere un telecronista umano ed un altro di una razza non meglio identificata, probabilmente aliena. Grazie anche alla popolarità raggiunta in seguito all’uscita di questo titolo, Cuty Suzuki in diverse occasioni ebbe l’opportunità di esibirsi in WCW, raggiungendo il punto più alto della sua carriera e probabilmente anche uno dei più grandi What if nella storia del Joshi, dato che la federazione di Ted Turner sembrava molto interessata a metterla sotto contratto per rilanciare la divisione femminile, ma poi non se ne fece nulla.
Arriviamo poi alla metà degli anni ’90, un periodo d’oro per l’industria videoludica, settore nel quale la JPW decise di investire per incrementare i propri introiti. Fu così che venne commissionato alla Jeleco il primo gioco ufficiale interamente dedicato alla JPW, dove questa volta non ci sarà la sola Cuty Suzuki, ma anche tutto il resto del roster della federazione. Ecco quindi che nel 1994 prende vita JPW Joshi Pro Wrestling: Pure Wrestle Queens, gioco che sfrutta la rivoluzionaria tecnologia del Super Nintendo Entertainment System, meglio noto come SNES. Il comparto grafico resta ancorato al 16 – bit, ma le animazioni e la giocabilità sono del tutto rinnovati, i moveset sono molto più elaborati e dal punto di vista stilistico le ambientazioni sono molto più realistiche e coinvolgenti. Inoltre, a dare ulteriore longevità al gioco è l’introduzione di attire alternativi delle lottatrici che è possibile sbloccare all’interno del gioco. Quindi, ad esempio, Devil Masami aveva il suo alterego in Super Heel Devil Masami, mentre di Dynamite Kansai era ottenibile anche un attire alternativo di colore rosso.
Il gioco ebbe un grande successo di vendite, ma svegliò anche un gigante dormiente. Infatti, essendo ancora vivissima in quel periodo l’era interpromozionale, il lancio del videogame della JPW fu preso come un vero e proprio affronto da parte della federazione loro rivale per eccellenza, nonché colosso del panorama Joshi, la AJW. Nel 1994, quindi, la AJW incaricò la Human Enterprise di realizzare un ambizioso progetto videoludico intitolato Fire Pro Joshi: All Star Dream Slam, sempre per SNES. Il nome non era casuale, poiché Dream Slam è stato un evento della AJW dove furono ospitate anche atlete di altre federazioni come quelle della FMV di Onita e, neanche a farlo a posta, della JPW. Il gioco offriva quindi una vastissima scelta di personaggi, ma non è un caso che i diritti messi a disposizione fossero solo quelli relativi alle atlete della AJW, mentre le altre lottatrici erano disponibili solo con tratti somatici vagamente somiglianti e nomi inventati, basati soprattutto sul loro ring attire (ad esempio Red Woman, White Woman ecc.).
La vera rivoluzione arriva però l’anno seguente, nel 1995, quando vede la luce AJW: Queen of Queens che abbandona la console SNES e finisce su PC. Questa volta la AJW dimostra di voler fare sul serio e offre un titolo nettamente brandizzato, in modo da buttarci dentro sparato in faccia ad aria compressa tutto lo starpower del roster di cui la federazione dispone. Ecco quindi che tra le tante lottatrici selezionabili ci sono niente poco di meno che Aja Kong, Akira Hokuto, Kyoko Inoue e Manami Toyota.
Inoltre, la maggiore potenza grafica che offre il PC permette di introdurre le animazioni delle lottatrici in Full Motion Video (FMV), rendendo tutto molto più realistico. Tutte le movenze delle lottatrici furono preregistrate e le mosse che le lottatrici eseguivano o subivano avvenivano in base ad una determinata combinazione di tasti premuti in sequenza. Di certo un lavoro enorme e faticoso, soprattutto considerando i mezzi allora a disposizione, ma comunque non esente dalle numerose critiche mosse da parte di molti videogiocatori, i quali hanno ritenuto il gioco non molto intuitivo e poco giocabile.
No Signal
AJW e JPW si sfideranno a suon di titoli videoludici fino al 1998, l’ultimo anno di benessere economico della AJW, costretta a chiudere i battenti per bancarotta nel 2005. La JPW resterà ancora in vita per il primo decennio degli anni 2000, ma molto a fatica e senza mai riuscire ad emulare i fasti degli anni d’oro vissuti dal Joshi a cavallo tra la fine degli anni ’70 e metà degli anni ’90. A causa della perdita di popolarità del Joshi, oggi tornato ad avere un pubblico decisamente di nicchia rispetto al passato, anche gli investimenti in campo cinematografico e videoludico hanno avuto un’improvvisa e brusca frenata. Infatti, l’ultimo coinvolgimento degno di nota del Joshi Puroresu nel settore dei videogiochi è stato l’impiego della lottatrice Saki Akai, la quale ha prestato la sua estetica per uno dei personaggi del titolo Yakuza 6, uscito in Giappone nel 2016 e disponibile per PlayStation 4, XBox One e Microsoft Windows.
Si conclude così il nostro appuntamento mensile con la rubrica Joshi Sakè. Non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento a febbraio per un nuovo articolo della rubrica. Un saluto dalla vostra Komorebi!
Articolo precedente: Joshi Sakè: Salpiamo con KAIRI
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